Il convid – 19 è il nemico invisibile, onnipresente, contro cui ognuno di noi, illuso di un costante e pervasivo, quanto onnipotente controllo su tutto, deve confrontarsi giorno e notte, facendo i conti con i propri limiti, con la propria fragilità. E’ il nemico impercettibile, esso è ovunque e da nessuna parte; perciò genera angoscia e ci fa sentire impotenti, inermi. Non sapere abbastanza su questo virus, sul suo comportamento, non disporre di un vaccino, ci espone costantemente ad un forte senso di minaccia e di allerta.

Come un ospite indesiderato, si è intrufolato nelle nostre vite, stravolgendo la quotidianità, modificando la routine, e venendo dunque a mancare quell’ ordine che ci rassicura, che ci permette di suddividere le nostre giornate in momenti distinti, sempre uguali, e dunque prevedibili, nei limiti del possibile.

Come in tutte le situazioni di emergenza, si polarizzano le modalità di risposta, per cui si oscilla dal versante maniacale, privilegiando il fare per fare, come fuga dal sentire, al versante depressivo.

Ma una caratteristica peculiare di questa pandemia, che la rende un fenomeno eccezionale, distinta da tutte le altre situazioni emergenziali, risiede nel suo impatto sulla nostra intimità, poiché essa ha preso il comando della nostra sfera relazionale. Se per alcuni, può essere un’occasione per trascorrere maggior tempo e di miglior qualità con i propri familiari,per altri queste convivenze coatte, forzate, acuiscono conflittualità latenti. Questa pandemia, ci costringe ad una distanza sociale,che alimenta le diffidenze reciproche, le  fantasie persecutorie, e ci deruba di reti di sostegno sociale. O ancor più, ci separa dagli affetti definitivamente, senza lasciare alcuno spazio all’elaborazione del lutto, lasciandoci soli di fronte all’angoscia di morte.

In queste condizioni è normale, e più che legittimo, sperimentare ansia, una forte paura, tristezza, una maggiore irritabilità, iperattivazione, aggressività verbale, soffrire di somatizzazioni, disturbi del sonno e della concentrazione.

E’ importante prenderci cura di noi, monitorando i nostri umori, ascoltando, senza rifuggire, i nostri stati emotivi . Averne consapevolezza, ci permette di comprendere quali sono i nostri reali bisogni, e come soddisfarli. 

Alcuni consigli semplici e pratici che tutti possiamo seguire per limitare e contenere gli effetti dannosi, da un punto di vista psicologico, di questa situazione stressante,sono:

– Evitare la sovraesposizione alle notizie sul tema, che causa un eccesso di ansia, scegliendo due momenti della giornata in cui informarci, e privilegiando i canali ufficiali di informazione:

Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus
Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/

– Cercare di mantenere una routine quotidiana , che rassicura e dà un senso di continuità. Mantenere il più possibile le nostre abitudini. Il fare allenta le tensioni , purché non diventi un fare maniacale. 

-Prestare attenzione alla  nostra modalità comunicativa, poiché,in situazioni di stress,  è molto comune rivolgerci agli altri in maniera aggressiva e scontrosa, oppure chiuderci nel silenzio, ma ciò non fa altro che aumentare il livello di stress, e la conflittualità relazionale. Quindi scegliamo una modalità comunicativa assertiva, chiara e rispettosa.

-Ritagliamoci degli spazi per scaricare lo stress, e ricaricare, dedicandosi ad attività piacevoli e nutrienti, come leggere, ascoltare musica, stare con la famiglia, fare giardinaggio. Il contatto con la natura e l’attività sportiva, per quanto possibile, sono fondamentali per il recupero psicofisico.

– Parlare con persone di cui ci fidiamo di come ci sentiamo, di quel che proviamo in questi momenti, senza censure, senza vergognarci di sperimentare smarrimento , sopraffazione, poiché sono stati emotivi del tutto normali. Condividere questi vissuti permette di alleggerirci, di sentirci meno soli, e di salvarsi a vicenda, facendo dell’ auto-mutuo-aiuto.

-Utilizzare , per quanto possibile, ed in contesti adeguati, l’ umorismo e la sdrammatizzazione, poiché la risata è catartica tanto quanto il pianto. E’ una buona forma di coping, e può aiutare a mettere le distanze emotive dall’evento, limitandone i condizionamenti. 

– Chiedere aiuto a dei professionisti qualificati, se con il protrarsi della situazione le risorse di coping dovessero venire meno, e ci si dovesse sentire sopraffatti per un periodo prolungato di tempo.